sabato 5 dicembre 2015

Jessica Jones A.K.A. La donna che faceva il culo a tutti


Non starò qui a elencare come al solito il mio amore reverenziale nei confronti di tutti i prodotti Marvel o di come la Netflix non sbaglia mai un colpo (anche perché l’ho appena fatto), Jessica Jones va oltre tutto ciò.



Il fatto di avere a disposizione un’intera stagione di una serie fin da subito non mi spinge solitamente a spararmela tutta in pochi giorni. Certo esistono le maratone che tutti noi telefili amiamo fare nei momenti in cui ci chiudiamo fuori dal mondo (e ne abbiamo tanti di quei momenti), ma il bruciarsi in poco una cosa la rende più effimera e sfuggevole secondo me. Non dico che la cadenza settimanale della tv sia la scelta migliore, ma è innegabile che permette di fomentare la passione per uno show in maniera esponenziale. Il caso più recente che mi viene in mente è giusto Daredevil; una serie Marvel prodotta da Netflix e disponibile tutta e subito. Tutti ingredienti perfetti per una supermaratona, ma non per me. Ho impiegato settimane a vederlo tutto, e non perché non mi sia piaciuto, anzi, ma volevo gustarmelo volta per volta, mai visti più di due episodi di fila. Queste regole che potremmo definire “razionali” con Jessica Jones sono andate all’aceto. Lo so tutta questa manfrina per poi smentirsi da soli? Se cercate la coerenza non la troverete nel campo delle emozioni ma nella scienza o che so io. Le emozioni sono il fulcro di tutto, il senso di passare ore e ore davanti a uno schermo sta nelle emozioni che si provano in quei momenti. Già sento gli pseudo intellettuali criticare “per provare certe emozioni vivi il mondo”, bella fregatura quando hai una sola vita a disposizione e scarse disponibilità per girartelo sto mondo. Non sto divagando, è questo il punto. Jessica Jones mi ha emozionato. Mi ha colpito in maniera inaspettata e piacevole. Mi ha spinto a fare le 3 la notte quando avevo la sveglia alle 8; mi ha fatto compagnia nelle fredde sere d’inverno, mi ha fatto arrabbiare quando Jessica subiva ingiustizie, mi ha fatto ridere quando lei faceva la stronza, mi ha fatto esultare all’1:28 di un sabato notte quando ho visto l’ultimo episodio.

È stato come un viaggio inatteso. Quanti conoscevano il personaggio Jessica Jones prima della serie? Ok i fan dei fumetti ma andiamo, metà di noi ha dovuto cercare su wikipedia per sapere chi lei fosse e l’altra metà proprio non ha indagato, perché è questo il bello di questa serie, forse per la prima volta in un prodotto Marvel non sapevamo con chi avevamo a che fare. Nel pilot se non fosse stato per il volo (o meglio la “caduta controllata”) e la scena in cui sollevava una macchina, non ce ne saremmo nemmeno accorti che lei avesse un qualche potere, che fosse “una di loro”. In questo Daredevil rientrava più nello standard (per quanto sia una serie da diversi punti di vista originale e inedita): un giovane dal buon cuore e dalle particolari abilità cerca di salvare la sua città e i più deboli dai potenti e insensibili cattivi. Jessica invece è una donna danneggiata che cerca di andare avanti con la sua vita giorno dopo giorno, bottiglia dopo bottiglia, caso dopo caso. Dice bene il suo vicino quando afferma che oltre la corazza di arroganza e sarcasmo si cela una persona che soffre. Tutti i supereroi hanno i loro traumi, non è certo questa la novità, ma lei non si è ripresa andando a caccia di criminali nei vicoli bui la notte o indossando un’armatura supertecnologica, semplicemente lei non si è ripresa.

Kristen Ritter non è nuova a ruoli da stronza, ma stavolta ha superato se stessa, è andata oltre. Una stronza certo ma con mille problemi, ogni sua battuta sarcastica ha un retrogusto disincantato, come se nel momento in cui apre bocca si rendesse conto che tutto quello che fa o dice non ha senso, non serve a nulla, perché lei non potrà guarire, non potrà andare avanti, non potrà vivere. Si lascia andare alla deriva, una porta rotta, una casa in disordine, un frigo perennemente vuoto…e allora? Solo quando il male viene in contatto con chi le sta accanto, quei pochi a cui ancora tiene, allora si sveglia, o meglio si attiva per proteggerli il tempo necessario a tornare a quello stato di equilibrio e apatia. Il ritorno di Kilgrave è un dolore lancinante per lei, ne è terrorizzata, ma allo stesso tempo è la scossa che la rianima, che le dà qualcosa per cui lottare, per cui vivere. Si parla tanto di eroi e forse lei lo è, o anche no. Vuole annientare Kilgrave non per salvare il mondo, ma per evitare che anche solo un’altra persona passi quello che ha passato lei. Niente supercriminali, niente apocalissi da sventare, solo un uomo che può fare ciò che vuole quando vuole a chi vuole. Un bel potere sembrerebbe, ma anche a costo di strappare la libertà agli altri? Questo Jessica non può permetterlo. Inizia tra loro una danza, una partita infinita, una caccia uno contro l’altro. Si attraggono e si respingono, potrebbero andare avanti per sempre. Lei che lo insegue, lui che si fa scudo di innocenti, lei che per salvarli lo fa scappare, e ancora e ancora e ancora. Il finale è liberatorio, per lo spettatore e per Jessica. Ora può vivere la sua vita, ora è libera. Ma che fare? Intanto facciamoci una bevuta, poi vedremo. Al più si può tornare in affari alla Alias Investigations, le bollette vanno pagate e l’alcol pure.

Questo non vuole essere un saggio sul prodotto Jessica Jones, di certo non una delle mille recensioni che dal 20 novembre ad oggi avranno intasato la rete, e poi ci mancano mille dettagli. Vogliamo parlare delle atmosfere e le musiche da film noir anni ’50, a cominciare dalla sigla incantatrice, che danno un’eleganza e un sapore mai visto? O dei riferimento all’UCM più presenti (e quindi più apprezzati) rispetto a Daredevil?! O spulciare l’elenco dei personaggi secondari? Rachel Taylor, la regina delle serie tv flop (Charlie’s Angels, 666 Park Avenue, Crisis) qui forse per la prima volta si fa apprezzare, il suo modo di recitare non disturba ma anzi caratterizza bene il personaggio di Trish Walker, la tipa ricca e famosa che in cuor suo è invidiosa dei poteri dell’amica e cerca sempre di aiutarla (solitamente peggiorando la situazione). Carrie-Anne Moss che dopo 15 anni da Matrix ha ancora lo stesso taglio di capelli e la stessa faccia da schiaffi (perfetta come avvocato penalista). Di quell’omone di Luke Cage che appare e scompare ma solo perché lo attende una serie interamente su di lui quindi sembrava brutto stare in ogni episodio. Dell’Uomo Porpora, magistralmente interpretato da David Tennant che è passato dall’essere uno dei Dottori più amati di sempre al villain più irritante di sempre.

Insomma dicevamo questo post non vuole essere nulla (un po’ come Jessica), non ha un perché o uno scopo, sono le riflessioni random di uno che ha visto gli ultimi 3 episodi della serie dopo averla divorata in grossi succosi bocconi nel giro di due settimane (tutta colpa della vita vera poi, se no ci avrebbe messo molto meno) e che sentiva il bisogno di buttare giù due righe a riguardo. Poi come al solito “la scrittura nutre se stessa” ed è finito a scrivere uno dei suoi soliti papiri che nessuno leggerà mai (è banale e ripetitivo anche nel compatirsi, per non parlare del fatto che sta parlando di se stesso in terza persona..folle!). Un flusso libero di pensieri e parole, in un periodo in cui sono vincolato spesso a determinate regole redazionali, questo resta il mio spazio di libertà. Non voglio stare lì neanche a consigliare di vedere la serie a chi non lo ha ancora visto. Dico solo che è un qualcosa che mi ha colpito, mi ha emozionato, che mi ha lasciato un segno e quando una cosa ti dà tanto non bisogna mai nasconderlo, va condiviso.

Ora attendiamo Luke Cage con la speranza di rivedere anche la nostra cara Jessica in un qualche cameo (a proposito Ciao Rosario Dawson) e il successivo Iron Fist, che dovranno dare il massimo per fare meglio dei loro colleghi finora comparsi (e le premesse non solo a loro favore) se vogliono essere all’altezza della grande reunion sotto il segno dei Defenders.



Vostro inarrestabile telefilo David

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