venerdì 27 marzo 2015

Goodbye Glee






 “Questa volta nessuno dirà addio..vi terrò nel mio cuore..i momenti passati insieme li terrò con me..per sempre”

Basterebbero queste parole, o meglio questa canzone, a dire tutto ciò che c’è da dire su questa serie giunta ormai alla fine.

Questa sera anche su Sky andranno in onda gli ultimi due episodi in italiano (inutile aspettare una eventuale messa in chiaro fra chissà quanto tempo) e così anche gli ultimi gleek italiani rimasti potranno mettersi l’anima in pace.

Iniziato come un fenomeno mondiale che ha travolto tutti nell’ormai lontano 2009, chi l’avrebbe mai detto che dal creatore del disturbante Nip/Tuck e dal surreale Popular, Ryan Murphy, potesse scaturire una serie tv che, ammettiamolo pure, ha segnato la storia della serialità contemporanea.

Tutta colpa di Glee!” è la battuta che non manca mai quando in telefilm o commedie americane qualcuno parte con un canto a cappella o uno “sfigato” si mostra fiero e di tendenza.  

Eppure, come ci fa ben ricordare proprio il penultimo episodio (intitolato “2009” non a caso), è partito tutto da 5 losers con grandi sogni e pochissime aspettative nelle loro vite da sfigatissimi liceali e un professore di Spagnolo che voleva rievocare i suoi bei vecchi tempi e perennemente osteggiato dalla perfida Sue Sivester (quando faranno una statua a Jane Lynch sarà troppo tardi).



Di Teen Drama ne abbiamo visti di ogni, eppure ecco arrivare la vera rivalsa dei più deboli attraverso una forma nuova, il canto. Certo Glee non ha inventato il genere musical, e nonostante tutto l’iniziare a cantare dal nulla con musica di sottofondo magari uniti ad una coreografia perfetta “improvvisata” e distorsioni spazio-tempo istantanee fa ancora sorridere, ma se non l’avevano già fatto i classici Disney, questa serie ha trasformato questo tipo di performance in forme d’arte.

La rete è impazzita, nella classifica iTunes alcune cover “Glee Version” hanno superato artisti di fama internazionale, concerti, fandom impazziti quando lo ship aveva da poco iniziato a prendere piede come termine “mediatico” per indicare (im)probabili coppie che i fan vedevano o avrebbero voluto tanto vedere nella loro serie tv preferita.

Il vero picco è avvenuto nella seconda parte della prima stagione in effetti. Il passaparola durante la lunga pausa (da Dicembre 2009 ad Aprile 2010!!) è stato fondamentale (dai 7-8 milioni agli 11-12 milioni di spettatori in media!) e l’episodio tributo, il primo di una lunga serie, a Madonna è stata la ciliegina sulla torta.

La conferma del successo con la seconda stagione (a detta mia, e non solo credo, la migliore in assoluto..quell’anno feci anche una Gleesta delle canzoni della stagione) con l’inserimento di nuovi amatissimi personaggi (Blaine e Sam in primis), archi narrativi meravigliosi (le vicende di Kurt ci hanno regalato grandi emozioni, dal bullismo alla Dalton Accademy fino al tanto atteso bacio Klaine) e i primi inediti (Loser Like Me è la colonna sonora di tanti i noi, ma anche Hell to No!).
La terza stagione con le sue sempre più improbabili coppie (avete mai notato che Sam è stato praticamente con tutte le ragazze del Glee Club, a parte Tina?!) e la corsa verso la tanto agognata vittoria alle Nazionali. E poi…e poi il declino.

Ammettiamolo la sfida più grande per un teen drama è quando alla fine della terza stagione i protagonisti storici si diplomano e lasciano la scuola; Glee non ha fatto eccezione. La curiosità di sapere cosa avrebbero fatto Kurt e Rachel a New York era lacerante, e in Ohio chi sarebbe rimasto??
Non siamo troppo melodrammatici però (anzi teatrali come la serie direbbe), ci sono stati comunque degli episodi e canzoni niente male, ma in definitiva c’è solo un termine per descrivere la quarta e quinta stagione: il caos!

Non ha aiutato la grande tragedia, forse mai del tutto superata, accaduta nell’estate del 2013, la scomparsa di Cory Monteigth, il carismatico quanto goffo leader Finn Hudson (in circostante che non è questa la sede in cui discuterne, nel bene o nel male), anche se problemi con la trama ce n’erano già da molto prima. Episodi senza senso, personaggi che apparivano e scomparivano senza uno straccio di motivo, lo stesso Murphy che ha dedicato la sua attenzione a nuovi progetti (American Horror Story), fino alla decisione di ordinare 13 episodi per una sesta e ultima stagione (in pratica dargli un finale giusto in nome dei vecchi tempi).

Alti e bassi insomma che si sono riflessi anche in uno spaventoso calo di ascolti (dagli 11-12 milioni nelle prime stagioni ai 2-3 delle ultime, il finale 2.54). Per quanto giustificato fa comunque tristezza a ripensarci.

Ma in ogni caso eccoci qui, ultimo episodio, taaaante lacrime, una conclusione alla volemose bene e soprattutto il classico quanto apprezzato salto temporale di 5 anni. Ho letto reazioni contrastanti, ma secondo me ogni personaggio ha avuto il suo giusto finale (sì, parlo anche per Rachel..senza fare spoiler). E poi il messaggio finale (che rimanda un po' a La Canzone, una su tutte, Don't Stop Believin') che incarna un po’ tutta l’essenza della serie:

“Non vedere il mondo com’è, ma come dovrebbe essere”

Diversi hanno provato a sfruttare l’onda cantereccia, dai singoli episodi “musical” praticamente in quasi tutte le serie a cavallo del decennio, agli interi telefilm per un genere sempre piuttosto delicato (Smash è durato a stento due stagioni, Galavant se verrà rinnovato sarà un miracolo, ma il più recente Empire invece ha fatto faville..per ora).

Lontani è vero gli anni di gloria, ma in fondo al cuore mi mancherà molto il caro vecchio Glee Club.




Vostro, inesorabilmente Gleek, David






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