domenica 26 settembre 2010

Mangia Prega Ama - recensione



Le frasi “Alla ricerca della felicità” e “Alla ricerca di se stessi” sono probabilmente tra le più dette nella storia del cinema. Solitamente però questa ricerca viene in inglobata in altri elementi o semplicemente viene detta tanto per dire, una classica frase fatta. Invece in questa pellicola, con la straordinaria Julia Roberts, tale ricerca è il cardine di tutta la storia. Una donna insoddisfatta della sua vita prende coraggio e fa quello che la maggior parte di noi pensa di fare ma non farà mai: lascia tutto e tutti  e inizia un viaggio per il mondo alla ricerca della sua verità, della sua anima, del suo perché. In un anno vive a Roma, poi in India e infine a Bali, che in un certo senso (piuttosto lato, ma forse è davvero così) rappresentano rispettivamente il Mangia, Prega e Ama del titolo.
Già dall’inizio capiamo che il tutto sarà molto spirituale e interiore, sperando in qualcosa di molto profondo…peccato però che questo viaggio spirituale non venga poi così ben delineato e in alcuni punti può lasciare confusi e anche un po’ annoiati. Vediamo che in alcune parti Liz (Julia Roberts) non sa neanche lei cosa vuole e si lascia trasportare in quelli che (a mio parere) sono una serie di abitudini stereotipate dei vari luoghi in cui va. Un significato morale lo si può pur sempre cogliere, ma finisce col cadere nella solita solfa dell’Amore che tutto può e che tutto spiega, un po’ da classico film romantico ecco.
Una cosa che può interessare del film è il fattore “Guida Turistica” che ci troviamo davanti ogni volta che la protagonista cambia posto, con paesaggi diversi e per lo più molto affascinanti. Personalmente non sono mai stato in India o a Bali, però (tornando al discorso degli stereotipi) l’Italia viene vista (come al solito) con una serie di luoghi comuni quasi infiniti. Il “Dolce far nulla”, motto che sembra andare per la maggiore in tutti gli italiani (nella fattispecie romani e napoletani nel film), certamente rispecchia una bella fetta di popolo italico (inutile negarlo) ma sicuramente viene un po’ troppo generalizzato. Ma tra i tanti stereotipi del nostro paese uno su tutti è assolutamente vero: il cibo. Se si parla di cibo nel film si citano prodotti italiani e se ci sono scene dove si mangia si è sempre in Italia. Insomma una bella pubblicità per i piatti nostrani che si confermano (ma non avevamo dubbi almeno su questo punto) i migliori del mondo!
Gli stereotipi però si percepiscono anche nel resto del film e non solo nel rappresentare i luoghi, ma anche in molte delle frasi dette. Non poche le “frasi fatte” accennate all’inizio, alcune proprio da manuale standard o da biglietto nei cioccolatini.
Insomma una ricerca del proprio Io lunga e confusa (ma in effetti nella realtà non sarebbe di certo più facile e delineato il percorso), ambienti stereotipati e ennesima menata dell’Amore che risolve tutto (come se l’ essere soli alla fine rimanga comunque una cosa negativa, nonostante nel film in alcuni punti si spererebbe nella dimostrazione del contrario).
Un film da vedere? Nì. Alla fine non è male e le due ore e 10 minuti passano, ma non sperate in una purezza spirituale usciti dalla sala, almeno per me non c’è stata.

Vostro David

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