lunedì 28 aprile 2014

L’Angolo del pilot presenta: via il vecchio dentro il nuovo – Pilot di Primavera [Sesto Aggiornamento]

Recupero la mia vecchia cara rubrica sui pilot per parlare di un mucchio di primi episodi di nuove serie tv che lentamente stanno prendendo il posto dei telefilm dell’alta stagione 2013-2014, che una alla volta si stanno concludendo (anche se l’apice delle chiusure arriverà entro metà maggio...e ne riparleremo!).
Avendo un discreto numero di Pilot da vedere in questo periodo, ho deciso di creare questo mega post che aggiornerò man mano. Ho già troppe serie in ballo quindi il mio giudizio quest’anno non sarà tanto magnanimo, a meno di non trovare La Serie con la S maiuscola. A breve ci attenderanno anche i pilot estivi quindi è bene fare una grande selezione per non perdersi in questo caos seriale. Spero di poter aggiornare il post ogni giorno questa settimana, almeno ci proverò!
Allora iniziamo:

Salem












Ambientata nella celebre città delle streghe alla fine del ‘600, questa nuova serie del canale via cavo WGN America mette in scena fin da subito le sue argomentazioni più importanti, facendo non poco velatamente l’occhiolino a quel mondo di coloni puritani inglesi raccontanti da Nathaniel Hawthorne (che guarda caso era proprio originario di Salem) nel suo celebre romanzo La Lettera Scarlatta. Da brava serie tv americana mette subito in cattiva luce ogni figura di tipo religiosa che detiene malamente il potere della piccola cittadina i cui abitanti sono ignoranti timorati di Dio che non battono ciglio quando si tratta di punire i peccati altrui, prima di fare una sosta notturna nel bordello cittadino ovviamente.

Non è subito chiaro invece quale ruolo occupino le streghe e la magia in quella che la stessa Wikipedia descrive come “ historical fiction drama television series”. Ma già a metà dell’episodio capiamo che poi tanto buone queste streghe non sono, con la scusa dei maltrattamenti subiti dai puritani si sfogano decisamente molto oscuramente. L’unica figura positiva alla fine sembra essere quella di John Alden che si capisce immediatamente essere il paladino della giustizia nonché protagonista principale. Dopo 7 anni di guerra (non è molto chiaro cosa abbia fatto, se non combattere contro “francesi e indiani” in maniera generica) torna nella sua città d’origine in cui tutto è cambiato, compresa la donna che amava.

Costumi d’epoca e location in linea con la trama (a parte i capelli orrendi del protagonista), effetti speciali non molto appariscenti anche per dare quel tocco di crudo realismo in più che la serie evidentemente si pone, non avendo neanche troppi problemi di limitazioni che avrebbe in un canale nazionale. Ma niente di entusiasmante o che possa distinguere Salem da altre decine di serie storiche.

Quando vedo Pilot ho una predilezione per scovare quelli che chiamo i Ricicli Telefili, ovvero attori “riciclati” da altre serie tv più o meno famose, e questo ne regala non poche. A cominciare dal protagonista che sotto quella barba incolta e i capelloni nasconde il volto del sempre-poco-sorridente Michael di Nikita, Shane West, che certo non poteva finire a fare comedy!
La parrucca lunga bianca mi aveva confuso, ma alla fine ho riconosciuto anche un altro attore di Nikita, Xander Berkeley, al secolo il caro vecchio stronzissimo Percy, che anche stavolta non interpreta il ruolo di un simpatico burlone, ma quello di un magistrato corrotto dalla stregoneria.
Avvistata anche quella squinzia di Ashley Madekwe aka Ashely Davenport di Revenge, che passa da un ruolo inutile ad un altro, comparendo qua e là nel pilot sempre in maniera casuale, ma pare sia una strega anche lei. Non bisogna dimenticare però che la Madekwe ha origini in quel gioiellino inglese di nome Diario di una squillo per bene, e non sarà un caso se tra le fila dei personaggi minori (decisamente troppo vecchio per il ruolo a mio avviso) compare anche Iddo Goldberg, Ben di quest’utima serie, che è anche il marito nella vita reale dell’attrice. Chi avrà raccomandato chi?
Sotto un’altra posticcia barba si riconosce anche Seth Gabel che, dopo i ruoli minori in Dirty Sexy Money, Fringe e il più recente Arrow, diventa un cacciatore di streghe che predica bene e razzola male. Sua la performance recitativa più interessante comunque, se non l’unica.
Insomma quasi tutti i personaggi principali sono vecchie conoscenze, a parte la protagonista femminile.

Commento sul pilot? Sinceramente non mi ha detto molto, non trovo interessante la storia e non vedo come possa durare, non saprei neanche cosa dovrebbe succedere nel secondo episodio figurarsi in più stagioni. Lottano a chi è più cattivo e alla fine dei giochi non ho trovato un senso in tutta la trama; anche le scene violente, quelle che dovrebbero essere “paurose” o quelle di sesso spinto sono fini a se stesse e ricadono in mille cliché già visti. Gli concedo un secondo episodio per ammaliarmi se no addio.
Peccato perché le premesse intorno alle vicende dell’inquietante cittadina del Massachusetts c’erano tutte.


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Bad Teacher













Da un po’ di tempo a questa parte l’originalità non è proprio il marchio che contraddistingue l’ambiente cinematografico americano, ormai ci sono più remake-prequel-sequel ecc. che opere originali, lo sappiamo. La tv al contrario cerca di innalzare sempre più i propri standard e spesso gli riesce molto bene, ma a volte vuole troppo avvicinarsi al mondo del grande schermo e cosa c’è di meglio se non ripescare qualche vecchio film di successo e trasformarlo in una serie?!  Questa è la moda del momento e non sarà un caso se tre dei pilot di cui parleremo sono proprio dei remake di film: Bad Teacher, Fargo, From Dusk Till Dawn.
In effetti è una tendenza partita già da qualche tempo (pensiamo a Bates Motel o Hannibal su cui io non avrei scommesso un centesimo e che invece sono già alla seconda stagione, o al meno fortunato 10 cose che odio di te, giusto per fare degli esempi), ma in questo 2014 ha davvero sbancato (prossimamente uscirà anche la miniserie su Rosemarie’s Baby e si progetta qualcosa anche per Venerdì 13) e in fondo anche il mio adorato Agents of S.H.I.E.L.D. nasce come costola televisiva dei film Marvel sugli Avengers, ma questa è un’altra storia!

Il pilot di Bad Teacher è a tutti gli effetti l’adattamento in 20 minuti della commedia omonima del 2011, con le necessarie modifiche ovviamente, in cui una neo divorziata finisce col fare l’insegnante (in un modo schifosamente facile, anche per una serie tv) solo per poter attirare qualche ricco papà single, ma che poi finisce per l'affezionarsi ad un gruppo di sfigate che aiuterà a riscattarsi. La noia? Abbastanza, ma per una comedy non è richiesta una gran dose di originalità, quindi prima di scartarla del tutto rimando ad un secondo episodio, nella speranza di situazioni più simpatiche e coinvolgenti.

Ricicli Telefili? Ma certo! Al posto di una meravigliosa Cameron Diaz troviamo una volgare e poco sexy Ari Graynor che dopo aver fatto da spalla in qualche commedia e la sorella di Olivia in Fringe ha il suo primo ruolo da protagonista, ma non la vedo molto all’altezza.
Addocchiato anche Ryan Hansen, già visto in mille comedy (tra cui 2 Broke Girls) e protagonista del flop Friends with Benefits, ma famoso soprattutto per il suo ruolo di Dick Casablanca in Veronica Mars, anche qui nel solito ruolo di bravo ragazzo belloccio, ma essendo il prof di Educazione Fisica non abbastanza ricco per la protagonista.
L’amica sfigata e sottomessa è niente meno che Sara Gilbert, nei nostri cuori per sempre Leslie Winkle di The Big Bang Theory, e forse proprio per questo suo precedente ruolo di nerd cazzuta non è molto credibile come ingenua spalla dalla zero personalità.
Ma il più importante Riciclo Telefilo è Kristin Davis, la carissima Charlotte di Sex and the city, qui nella parte dell’acida professoressa precisetta, ovvio avversario della protagonista.
Non mi sfugge però il paffuto visino di Madison De La Garza, la primogenita di Gabrielle, Juanita, in Desperate Housewives, poco più vecchia ma anche più magra. Come crescono in fretta!

Altro da dire? Non molto, è una serie che lascia il tempo che trova, sebbene dietro ci sia la CBS che al momento è il canale migliore per le comedy. Ai posteri l’ardua sentenza!


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Penny Dreadful













Prendi il fascino della Londra vittoriana di fine ‘800, inserisci i più popolari personaggi dei romanzi gotico-horror del periodo, metti il tutto in un canale via cavo come Showtime (Dexter, Shameless, Masters of Sex e via dicendo) che non si trattiene quando c’è da mostrare sangue e sesso…e avrai la mia attenzione!
Probabilmente uno dei pilot che più attendevo in questo periodo, Grandi Aspettative!

Sì ecco, Grande è la parola giusta: Grande Ambientazione, Grandi Personaggi, Grandi Attori, Grande Durata. Insieme alle serie tratte dai film, questa è sicuramente l’altra moda del momento, fare delle Grandi Serie dai budget importanti con non troppi episodi, adatti per la midseason (sono previsti 8 episodi per la prima stagione di questo telefilm), ma che compensano con una durata maggiore del solito, oscillando fra i 50-60 minuti per puntata (come il sopracitato Salem, ma molto meglio, anche a livello di serie pseudo storica!). Le premesse ci sono tutte, peccato che a questi grandi fattori si accosti una piccola storia (almeno per il momento). Il mio primo spontaneo commento dopo 52 minuti di visione è stato “Ma è già finito?? Non è successo nulla!”.
Forse l’idea è quella di ispirarsi proprio ai piccoli periodici che danno il nome alla serie, i penny dreadful (si potrebbero tradurre in “spaventi da un penny”), simili ai romanzi d’appendice, dal costo di un penny appunto, tanto in voga nel XIX secolo narranti storie dell’orrore (esempio famoso è Sweeney Todd). Difficile però pensare che in quasi un’ora non si riesca a delineare una trama completa che possa far da punto di partenza ad una nuova serie tv, penny o non penny; addirittura mancano due interpreti i cui nomi compaiono anche nei titoli di apertura (tra l'altro ben realizzati e con quello stile dark che ormai è visto e rivisto ma fa sempre la sua bella figura)...ma andiamo con ordine.

Londra, 1891. Il pistolero da circo americano Ethan (interpretato da un sempre in forma Josh Harnett che da tempo non si vedeva in giro) viene “ingaggiato” da una enigmatica donna per un lavoro notturno (Night Work, titolo dell’episodio). Non potevano scegliere miglior attrice di Eva Green per il ruolo, con la sua bellezza delicata quanto oscura sembra esserci nata nella Londra del tempo per davvero. I due alla fine vanno a caccia di quelli che ci appaiono fin da subito essere dei vampiri, malgrado il modo di ucciderli non sia molto ortodosso e il termine non venga mai usato per descriverli, ma la resa visiva di questi esseri è molto accurata e originale.

Alla coppia di protagonisti si aggiunge un certo Sir Malcom Murray, che ha il volto nientemeno di Timothy Dalton, che intraprende questo incontro notturno per cercare la figlia da tempo rapita (se siete attenti estimatori del genere il cognome Murray vi farà capire, senza che ve lo spoileri, il nome della figlia di Malcom, decisamente più famosa del padre…e non aggiungo altro).
Dopo un primo scontro, facciamo la conoscenza anche di un giovane scienziato-dottore particolarmente attento all’anatomia umana ed in particolare al legame tra vita e morte (e qui sarebbe banale dirvi di chi si tratta, sebbene sia la “Grande Rivelazione” del finale), che viene anche lui in qualche modo assoldato da Sir Malcom per studiare certi esseri “particolari”.

Non mancano, fin dalla prima scena, momenti di tensione con quella musichetta inquietante in un climax ascendente di ansia che scoppia con un qualcosa di improvviso fatto apposta per farti prendere un colpo; ma a parte questo non mette troppa paura, anche i morti, il sangue e i mostri sono macabri ma non spaventosi (ok magari eviterei una visione notturna della serie), c'è anche una scena con un crocifisso capovolto, giusto per non farsi mancare nessun simbolo occulto. Assenza quasi totale invece sul fronte sesso, strano per una serie che si presentava come "a metà tra lo psicodramma a sfondo erotico e l'horror". Il tutto comunque è realizzato con un certo stile realistico che non dispiace e non ci fa cadere nel solito fantasy coi mostri.

Essenzialmente il grosso della storia è tutto qui. C’è un misterioso crudele omicida in giro (sui giornali si grida al “ritorno di Jack”, lo Squartatore ovviamente, ma non credo sia lui, è qualcosa di più soprannaturale) e inoltre mancano all'appello diversi altri personaggi, nonché il riciclo telefilo che tanto attendevo, quello della bellissima Billy Piper (Diario di una squillo per bene, Doctor Who). Non sono mai stato un grande fan dei pilot che mettono troppa carne al fuoco, ma qui davvero si rischia di morire di fame! Ma non voglio gettare subito la spugna, il prodotto in sé è ben confezionato, il cast giusto c’è, l’ambientazione e i costumi pure e diversi misteri non sono ancora stati illustrati per bene, uno fra tutti il ruolo di Vanessa Ives (la Green). Insomma dobbiamo essere speranzosi per il futuro, ma occhio che restano solo 7 episodi!


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Fargo











Può il pilot durare quasi quanto il film da cui prende il nome? In certi casi sì!
Abbiamo già parlato della moda di fare telefilm tratti da lungometraggi famosi e anche quella di creare serie da pochi episodi ma dalla durata maggiore. Il pilot di oggi unisce tutto questo in quasi 70 minuti (il film ne dura 98), sentiti tutti, credevo non finisse più!

Devo fare una premessa che mi farà perdere punti agli occhi di molti lo so. Non sono un grande fan dei fratelli Coen, ancora oggi posso dire che Burn After Reading è uno dei film più brutti che abbia mai visto (e ho seguito un corso di Storia del Cinema in cui di film pallosi ne ho visti a bizzeffe!). Li trovo troppo pretenziosi e decisamente sopravvalutati, ma è una mia personale opinione quindi liberissimi di contraddirmi. Non ho visto Fargo del 1996 e di certo non mi aspettavo di seguirne la serie tv, ma il calibro degli attori presenti, in particolare il protagonista, mi ha fatto decidere di vederne quantomeno l’episodio pilota.

Onestamente riassumere la trama sarebbe complesso e non voglio banalizzarla in due righe, ma sappiate che siamo in una piccola cittadina del Minnesota, ambientazione piuttosto glaciale, dove un innocuo agente assicurativo, da sempre pedina di bulli e prepotenti anche a 40 anni, finisce suo malgrado in una spirale di omicidi da lui più o meno voluti. La storia è diversa da quella narrata nel film, l’unico punto di contatto, oltre all’ambientazione, sono i rimandi alla città di Fargo, di cui si legge il nome su una lattina e si parla di alcuni malavitosi della zona. Ad apertura di scena veniamo informati che:

“Quella che vedrete è una storia vera. I fatti esposti sono accaduti nel 2006 nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati usati dei nomi fittizi. Per rispettare le vittime tutto il resto è stato fedelmente riportato.”

Questa stessa avvertenza compare anche nel film (cambia solo la data, 1987) e anche in questo caso in realtà, per quanto qualcosa possa essere ispirato a fatti veri, è tutto totalmente inventato. L’idea in effetti non è male, rende le cose più serie di quanto non siano già. Tutto è molto realistico (sebbene molto improbabile) e il ritmo lento (molto molto lento) rende bene questo tono. Non è il mio genere, e difficilmente continuerò a seguirlo, ma indubbiamente è un pilot ben realizzato. Credevo quasi che ogni episodio sarebbe stato una storia a sé dati i risvolti che prende l’intera faccenda fino alla fine, ma a quanto pare l’idea invece è quella di raccontare una storia diversa ad ogni stagione (nel caso venga rinnovato).

Ad avvalora la qualità del prodotto ha sicuramente contribuito la recitazione degli interpreti, uno su tutti il protagonista, Lester Nygaard, interpretato da Martin Freeman, per gli amanti della tv è ovviamente il caro vecchio John Watson di Sherlock, ma è anche il volto, tra le altre cose, di Bilbo Baggins della trilogia cinematografica Lo Hobbit. È davvero magistrale nelle vesti del perdente (non trovo parola migliore per descrivere il personaggio), vittima delle prepotenze di chiunque, moglie inclusa, che non riesce a comporre frasi lunghe senza incepparsi o balbettare non riuscendo quasi mai ad esprimere ciò che davvero pensa. Ammetto di essermici sfortunatamente identificato molto e se c’è una cosa che odio nei film sono i prepotenti che se la prendono con i più deboli, mi irrita moltissimo. Perciò non posso del tutto biasimarlo per certe azioni che si ritroverà a fare, non me ne vogliano i soliti moralisti!
Altro apprezzamento, sebbene in un ruolo molto più marginale, è per un altro riciclo telefilo: sto parlando della sempre bellissima Kate Walsh, nei nostri cuori per sempre come Addison Montgomery di Grey’s Anatomy (nonché madre del protagonista del mio film preferito, Noi Siamo Infinito) che si toglie il camice per diventare una cinica ma sempre più sexy vedova, una Milf con tutti i crismi!
Da annotare infine anche la presenza di Billy Bob Thornton a cui riesce benissimo la parte del killer professionista sociopatico.

Per chi apprezza certe caratteristiche è una serie assolutamente da non perdere, ma non è per tutti (me incluso). Sono sicuro che ne sentiremo ancora parlare, sebbene gli ascolti non siano partiti proprio alla grande.


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Supernatural: Bloodlines












Inutile tornare al solito discorso dell’originalità che non sempre va a braccetto con lo show business, spostiamoci invece sul versante Spin-Off. Da diverso tempo è una via intrapresa per sfruttare il successo di una serie, o comunque di una tipologia di serie, senza dove scomodare sempre i soliti personaggi, venendo a creare così un nuovo telefilm che prende vita da una “costola” di un altro molto spesso estirpando un personaggio minore dalla serie madre e facendolo diventare il protagonista nella serie figlio, lo Spin-Off appunto. Casi famosi nella nostra generazione sono Angel, in cui l’omonimo vampiro innamorato della cacciatrice Buffy fa i bagagli da Sunnydale per spostarsi a Los Angeles, o di Addison Montgomery che si lascia alle spalle l’ex marito e tutta la banda di Grey’s Anatomy anche lei per la soleggiata L.A. dove si mette a lavorare per una Private Practice (titolo della sua serie). Gli esempi sono tantissimi (The Original, i vari C.S.I., perfino Baywatch ai suoi tempi ebbe uno spin-off!), anche se non sempre riscuotono lo stesso successo della serie di partenza, spesso terminano molto prima, se non con una sola stagione (come The Finder, lo spin-off debolissimo di Bones), e in alcuni casi dopo l’episodio di lancio non vengono neanche ordinati come serie (come il fantasma dello spin-off di Gossip Girl che avrebbe dovuto mostrare la gioventù di Lily e Rufus negli anni ’80 ma che non andò oltre un episodio flash-back che i più attenti ricorderanno nella 2x24).

Il pilot di oggi in effetti non è la 1x01 di una nuova serie, ma, come di consueto in questi casi, parte da un episodio, detto backdoor pilot che comunemente è tra gli ultimi episodi di una stagione (in questo caso la 9x20), di Supernatural, famosissima serie sulla coppia di fratelli cacciatori di demoni Dean e Sam Wincester, arrivata ormai alla sua nona stagione (e già confermata per una decima). In effetti è quasi strano che non ci abbiano pensato prima, soprattutto quando Supernatural vanta un folto gruppo di fan accanitissimo.

La presenza dei due fratelli in effetti è piuttosto marginale (altro espediente tipico degli episodi di lancio quando i protagonisti non sono già personaggi della serie di partenza); la nuova coppia di cacciatori, almeno credo possa essere questo l’andamento, è composta da un ragazzo afro americano, Ennis, che suo malgrado, e nel modo peggiore, si ritrova nel mezzo di uno scontro fra mostri, anzi addirittura scopre che la città in cui vive, Chicago (location seriale molto gettonata negli ultimi tempi), è gestita da 5 famiglie di creature soprannaturali (mostri potrebbe essere un termine politicamente scorretto!); l’altro protagonista, David, invece appartiene proprio ad una delle famiglie, è un mutaforma, che torna in città dopo la morte del fratello. I due finiranno per incontrarsi-scontrarsi ma si capisce che alla fine dei giochi sono gli unici buoni in circolazione (David aveva lasciato Chicago per avere una vita normale come un essere umano). Ovviamente non mancano i misteri da risolvere che innesteranno la prima stagione di Supernatural: Bloodline (anche se non è ancora stata ordinata ufficialmente, ma si ben spera).

Anche in questo caso il senso della famiglia è forte (non a caso il sottotitolo è bloodline, linea di sangue, anche se in un primo momento era Tribe, ma il concetto è lo stesso), questa volta però non ci saranno due fratelli ma due estranei come protagonisti. Sarà interessante vedere come si evolverà il loro rapporto, se diventeranno grandi amici o finiranno per scontrarsi e tradirsi a vicenda in diverse occasioni. Con la presenza delle 5 famiglie l’ambientazione stavolta sarà stabile, il che potrebbe creare problemi ai fini verosimili della trama ma anche approfondire meglio tutti i personaggi presenti; inoltre lo scontro tra famiglie non poteva non portare ad una classicissima situazione alla Romeo e Giulietta: David infatti è innamorato del lupo mannaro Violet e di certo i loro parenti non apprezzano la cosa.

Siamo alla CW, quindi i ricicli telefili sono d’obbligo!
Ennis, Lucien Laviscount, è un volto relativamente nuovo, pare abbia fatto qualche parte qua e là ma è più famoso per essere stato nella versione “VIP” del Grande Fratello inglese da quel che ne so. Il suo personaggio è piuttosto antipatico, almeno in questo pilot; è un po’ una testa calda che quando si impunta su una cosa non c’è modo di distoglierlo, ok ha avuto la sua bella dose di traumi, ma ha un atteggiamento che non mi piace.
Al contrario David mi è tanto simpatico. A parte per il nome come il mio, in effetti è l’attore che lo interpreta che mi piace, Nathaniel Buzolic, che mi fa molto piacere rivedere dopo la prematura scomparsa (con qualche riapparizione occasionale, sintomo che piace a molti) come vampiro originario di The Vampire Diaries, il caro vecchio Kol! Peccato abbia perso il suo accento particolare (lui è australiano). Come mutaforma potrebbe regalare dei momenti divertenti (anche se ricordo che per i mutaforma, nella mitologia di Supernatural, cambiare aspetto era molto più difficoltoso di quanto non appaia qui…esigenze televisive presumo!), un po’ meno quelli legati alla sua storia d’amore, non sono per le troppe smancerie o drammi amorosi al momento.
Deve esserci stata una qualche interferenza con la ABC Family perché all’inizio della puntata ci ritroviamo faccia a faccia con Bryce Johnson e Sean Faris, che per l’appunto sono rispettivamente l’ex detective e il nuovo detective di Pretty Little Liars, ironia della sorte! (oltre ad essere apparsi il mille altri telefilm a testa, Faris è stato pure un vampiro dalla breve vita in TVD).

Fin dall’adolescenza sono sempre stato un fan dei fantasy di questo tipo, ancora oggi la mia serie preferita è Buffy (c’è pure una battuta nell’episodio che la riguarda…ho riso troppo!) e considero Supernatural il suo erede ufficiale, quindi darò sicuramente un altro sguardo a questa serie nascente il prossimo autunno (sempre se si farà…non vorrei portare sfortuna). Solitamente dal pilot nella serie madre alla serie vera e propria ci sono delle modifiche, a volte anche degli attori stessi (spero non sia questo il caso), bisognerà controllarne l’andamento successivamente per decidere se davvero merita, ma le premesse mi intrigano. Ovviamente deve piacere il genere teen drama fantasy quindi non mi sento di consigliarla a chiunque.
Colgo l’occasione per salutare Supernatural; stavolta ho fatto un’eccezione, ma io sono ancora alla settima stagione in attesa che rai2 mandi in onda quest’estate l’ottava (mi dispiace ma i vocioni originali di Sam e Dean proprio non mi garbano).


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Black Box












A volte si crede di sapere già come è fatta una cosa, e per quanto diciamo di avere la mente aperta siamo guidati da preconcetti o pregiudizi che siano che possono alterare le nostre valutazioni. Ma a volte, rare volte, ci addentriamo comunque in quel qualcosa, inneggiando a quella già citata falsa bandiera che è la mente aperta e…e ne veniamo piacevolmente sorpresi. Cambiare idea non è da persone incoerenti, è da persone intelligenti. Solo gli stupidi anche davanti all’ovvio non si smuovono nelle loro convinzioni e si aggrappano a quei pregiudizi che per loro valgono più della realtà.

Tutta questa premessa filosofica per dire che, in un ambito decisamente più ridimensionato, pensavo che Black Box fosse l’ennesimo buco nell’acqua di una non ben chiara serie tv noiosa e inutilmente pretenziosa e invece ha sfornato un pilot decisamente interessante!

La protagonista, Catherine Black, è una neuroscienziata molto acclamata nel suo ambiente che soffre però di bipolarismo che le causa, quando non prende le sue pillole, episodi di “follia, parole affannose, manie di grandezza, pensieri confusi, allucinazioni” per citare lei stessa (non avendo competenze mediche a riguardo non vorrei dire stupidaggini!). Vive la sua vita in bilico tra due identità quasi, la brillante scienziata e l’euforica visionaria. Il pilot inizia proprio con un discorso sulla “normalità” che Catherine fa con la sua terapista, questo è il suo più grande dilemma: quando non è controllata dalle pillole si sente migliore e speciale (“Una persona normale è mediocre?” le chiede non a caso la terapista) e la aiuta a comprendere meglio i misteri del cervello (quello che chiamano Black Box, scatola nera). Fa esempi di grandi menti, Van Gogh, Hemingway, Sylvia Plath, che soffrivano di “pazzia positiva”; al che la terapista le ricorda che queste “persone eccezionali” alla fine si sono anche suicidate: “Normalizzarti non ti condanna alla mediocrità, ti permette di vivere abbastanza per fare al meglio il tuo lavoro. Vuoi essere eccezionale e morta?”.

Durante l’episodio poi conosciamo meglio la sua vita, la famiglia (il suo è un caso ereditario), l’amore, i suoi pazienti che riesce ad aiutare anche grazie alle sue personali esperienze, tutto in un equilibrio precario, cercando di nascondere specie a lavoro la sua condizione, che non appena la mettono in situazioni di maggiore stress la fanno ricadere in un episodio. Interessante notare che durante i suoi “momenti d’euforia” la colonna sonora è una musica jazz molto accattivante.

Nessun volto particolarmente noto al piccolo schermo in questa nuova serie della ABC, ma occorre assolutamente lodare la recitazione della protagonista, Kelly Reilly, che interpreta molto bene le diverse sfaccettature che il suo personaggio richiede.

Difficile dire l’andamento che avrà un telefilm del genere (non è certo il solito medical drama) che affronta e mostra tematiche piuttosto delicate, nonostante sia stata ordinata una stagione completa di 13 episodi fin da subito e gli ascolti per ora siano soddisfacenti. In ogni caso mi ha fatto ricredere, in positivo, fin dalla prima scena (ottima anche la regia tra l’altro) e, per quel che vale, non è una cosa che mi succede spesso in ambito seriale!


Next Time…Turn.

Vostro David

venerdì 11 aprile 2014

Divergent: riflessioni su una trasposizione cinematografica

In un futuro lontano (no, non stiamo parlando di Hunger Games) dove l’arma più potente è l’amore (..e neanche di Twilight!)..Ok, è l’ennesimo film basato su un romanzo di genere young adult con protagonista una ragazzina (sempre preferibilmente minorenne ma che non lo dimostra) che si innamora del tipo figo cupo e misterioso, ma sono ostacolati dalla società che li circonda. Divergent è tutto questo ma è anche molto altro.



“La società distopica in cui vive Beatrice Prior è suddivisa in 5 fazioni, ognuna delle quali è consacrata a una virtù: sapienza, coraggio, amicizia, altruismo e onestà. Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia.”

Così comincia la prefazione del libro e più o meno con le stesse parole il film illustra in che mondo stiamo per entrare. Il bello di questa storia sta proprio nel fatto che partendo da questa situazione, si assiste quasi a tre vicende diverse unite dalla figura della protagonista, Beatrice detta Tris (leggendo il nome con la pronuncia inglese corretta si capisce da dove viene il soprannome, non dite BeatriCE!).
Nella prima siamo attanagliati dall'ansia di sapere a quale fazione la ragazza sceglierà di appartenere, se restare con la famiglia tra gli altruisti ma piuttosto noiosi Abneganti, o abbandonare tutto per un’altra. Il motto di questo mondo è “La fazione prima del sangue” e la scelta non è delle più facili, e ovviamente lei non è come tutti gli altri e la propria decisione potrebbe andarne della sua stessa vita.
Poi si passa alla vita nella fazione scelta (per questioni di spoiler non dico quale sia, rovinerei una delle emozioni più intense del film se lo rivelassi) e anche qui le cose non sono certo rose e fiori, ma qualche lato positivo lo si trova sempre, specie se questo lato è alto moro fisicato e con tatuaggi nascosti che si è curiosi di scoprire!
Infine la svolta (che nel libro corrisponde alle ultime 100 pagine, 1/3 del volume non a caso credo), in cui alle sue vicende personali si aggiungono quelle dell’intera società (e che fanno si che questo sia solo il primo capitolo di una trilogia di successo, birbante di una scrittrice!), sebbene alcuni indizi sono inseriti fin dall'inizio.

Non manca è vero la storia d’amore che ci trasforma sempre in adolescenti isterici (dai ammettiamolo!), che di certo non è una macchietta come in Hunger Games, né l’unica cosa che conta come in Twilight, per questo preferisco finire qui i rimandi alle altre due saghe per giovani adulti di successo internazionale. E’ qualcosa che nasce lentamente e non è del tutto ostacolato, anche se di motivi per tenerlo nascosto almeno agli inizi se ne trovano nel libro, nel film non se ne fa cenno.

Ed eccoci quindi al paragone vero e proprio, libro vs film.
In poche parole a mio avviso è una buona trasposizione. Ho letto il libro in tre giorni e visto il film qualche giorno dopo, quindi avevo le idee ben chiare durante la visione. Non mancano i tagli, come è giusto che sia (a meno che non si voglia un film di 5 ore e più qualcosa deve pur sparire) e alcune modifiche, che se a prima vista possono turbare chi si aspetta una fedeltà assoluta, in realtà sono ben spiegabili con motivazioni di natura visiva e cinematografica. Leggendo un libro è bello perdersi in riflessioni profonde e intime e magari concludere certe situazioni in maniera rapida e più o meno indolore; al cinema qualche sparatoria, lotta o azione in più non guastano mai invece, per non parlare degli effetti visivi che seppur minimi, come una lavagna vecchio stile con tanto di gessetti sostituita da uno schermo super tecnologico, non si fanno disprezzare, anzi.

La resa visiva di ciò che mi immaginavo è stata abbastanza soddisfacente (ho evitato di vedere foto o video del film mentre leggevo, conoscevo solo i volti dei protagonisti che comunque la mia immaginazione poi trasforma sempre). Nota di merito sicuramente la location scelta, una Chicago con i suoi alti grattacieli ridotti in rovina dalle guerre e dal tempo passato. Un po’ meno mi è piaciuta la realizzazione della base della fazione che Tris sceglie, me l’aspettavo più pittoresca devo ammetterlo.
Belle anche le scelte musicali, alcune scene sono accompagnate da una colonna sonora niente male!

Quanto agli interpreti scelti, non posso dire che ci sia stata una recitazione spiccata o degna di nota di qualcuno, anche da parte di Kate Winslet (il nome sicuramente più importante tra i volti di molti giovani soprattutto), ma anche qui in linea generale nessuna lamentela, in fondo il libro stesso non presenta personaggi dalla personalità così spiccata da permettere prove d’attore degne di questo nome. Speravo qualcosina in più forse dalla intrigante Maggie Q il cui ruolo passa un po’ in sordina, lo stesso per Tony Goldwyn (ma credo dipenda dal mio animo telefilo che quando vede certi attori subito si rivela e vuole di più). Non ho letto ancora gli altri due libri della trilogia, quindi non voglio sbilanciarmi troppo, spero ci sarà modo di testare la bravura di tutti in vicende future (il sequel del film è già confermato, fortunatamente).

Il messaggio morale di base ammetto sia un po’ banale, o comunque non ben elaborato. Le mie vere ritrosie le ho avute proprio nella considerazione iniziale che imporre alle masse, per quanto ignoranti e chiuse, di mantenersi entro un unico carattere è impensabile. L’uomo è fatto di mille sfaccettature, mille caratteristiche che lo rendono tale, non può essere solo buono, solo altruista, solo onesto, solo coraggioso o solo saggio, può essere anche tutto o niente. La rivolta dei Divergenti sta proprio in questo, nel combattere anche solo con la propria esistenza le barriere create dalla società per mantenere l’ordine, perché chi non può essere etichettato sotto un certa casella non può essere controllato e manipolato. Riflessioni importanti sicuramente alla luce della società e delle sue convenzioni che noi tutti viviamo quotidianamente. Ma spero vivamente che non si arrivi mai, in un futuro vicino o lontano che sia, al punto da avere una completa alienazione delle proprie caratteristiche personali in favore di quelle sociali. Badate bene io non sono il tipo da “Libertà ad ogni costo”, ma piuttosto “Libertà con intelligenza” e forse ci ha visto bene l’autrice del libro quando ha dato una luce sinistra proprio alla fazione più acculturata degli Eruditi. Sapere è potere, sempre.

Che dire? Andatelo a vedere! E’ un film di genere certo, non dico sia per tutti i gusti (non è un fantasy spinto comunque, niente mostri o roba del genere...almeno per ora), ma per chi come me, nonostante i tentativi di aprirsi a nuovi orizzonti, si ritrova alla fine a mantenere una certa predilezione per quel tipo di narrativa è decisamente da non perdere. Veronica Ruth (insieme alla Summit che ci vede lungo per queste cose) si vede che conosce bene l’ambito su cui si è buttata e noi, come topi col pifferaio, ci caschiamo con tutte le scarpe. L’importante però è non deluderci nel finale, come altri hanno fatto!

Vostro David


PS: Non resisto dal dovermi lamentare non so se del traduttore italiano o della stessa Ruth, ma cari miei “I trasfazione” o che uno si chiami “Quattro” sono parole che non suonano per niente bene messe così!!